Museo Civico
Lanuvio
Il Museo di Lanuvio custodisce le testimonianze provenienti dal territorio dell’antica Lanuvium e della medievale Civita Lavinia ed espone al pubblico reperti rari e di grande importanza storica, culturale, scientifica. Come il più antico alfabetario latino, graffito sotto il piede di una coppetta di bucchero, datato approssimativamente verso la fine del VI secolo a. C. (il secondo più antico dopo di esso risale all’inizio del III sec. a. C.: più di duecento anni dopo). L’alfabeto è latino arcaico, ancora simile, per molti versi, a quello greco ed etrusco da cui è derivato, ma ben riconoscibile per l’assenza di alcune lettere. Inoltre, risultano di considerevole interesse i frammenti di affresco con scene d’iniziazione dionisiaca, i quali rappresentano qualitativamente una delle più alte attestazioni della pittura parietale romana. All’interno dell’ottocentesco Palazzo comunale, gli spazi espositivi del Museo ospitano questi ed altri reperti.
Nell’antichità, Lanuvium era nota per il maestoso tempio dedicato alla dea Iuno Sospita, un complesso sacrale di dimensioni pari a dieci ettari: dalle fonti storiche e dall’imponenza dei resti archeologici, si desume che fosse il più famoso centro del Lazio per il culto di Giunone. Il sito archeologico del tempio è ubicato nel parco di Villa Sforza Cesarini (una villa in stile liberty della prima metà del Novecento).
Tramite la splendida statua conservata ai Musei Vaticani, ma anche grazie alle numerose serie monetali emesse da magistrati di origine lanuvina nella tarda età repubblicana è possibile ricostruire l’identità della Dea: una fanciulla che indossa pelle di capra, impugna un giavellotto o uno scudo e appare spesso in compagnia di un serpente.
Durante le recenti campagne di scavi nell’area archeologica di Pantanacci, non lontana dal celebre santuario di Giunone Sospita, sono stati ritrovati tre blocchi di peperino, di forma cilindrica, che recano delle squame incise: potrebbero essere parte di una statua raffigurante un serpente, la cui venerazione diffusa a Lanuvium è menzionata da Eliano e Properzio. Tale culto prevedeva un rituale celebrato in primavera durante il quale un gruppo di giovani vergini bendate offriva delle focacce a un grande serpente che dimorava in una grotta, al fine di propiziare la fertilità dei campi. Se tale ipotesi cogliesse nel vero, il sito archeologico di Pantanacci non sarebbe altro che il famoso antro del serpente sacro. In più, nella grotta di Pantanacci sono stati recentemente ritrovati centinaia di ex voto, offerti dai fedeli alla divinità che dimorava nella grotta: si tratta, perlopiù, di vasellame e votivi anatomici, tra i quali spicca l’inedita tipologia di cavi orali, un unicum nel panorama nazionale.
La fine dell’antica Lanuvium è segnata dall’editto di Tessalonica (380 d.C.), che, dichiarando il cristianesimo la religione ufficiale dell’Impero, proibisce i culti pagani e impone la chiusura dei templi, quindi anche di quello di Giunone Sospita, rimasto in auge fino ad allora. La città inizia a spopolarsi e si riduce ad un piccolo insediamento di campagna e ben presto entra a far parte della Massa Neviana, un’unità agricola estesa lungo la Via Appia, parte del Patrimonium Appiae, di proprietà della Chiesa. A metà del X sec. d. C. i monaci benedettini gettano le basi della rinascita della medievale Civita Lavinia, di cui, in particolare, è possibile visitare il torrione del castello: l’edificio, nel corso del XVI secolo, viene adibito a carcere ed è possibile esplorarne l’angusto ambiente della cella, al di sotto del quale vi è traccia di una cisterna di epoca romana, mancante della tradizionale copertura in cocciopesto, e, forse per questo, ancor più suggestiva.
Il museo è inserito in OMR (Organizzazione Museale Regionale).
Campagna fotografica realizzata nell’ambito del progetto “Oltre Roma” e finanziata dalla Regione Lazio, Avviso Pubblico “La cultura fa sistema 2021”